mercoledì 16 marzo 2011

Paesaggio agrario tra arte e cultura

Paesaggio agrario tra arte e cultura
Proiezione del film “Racconto d’autunno”
Se nel primo incontro della rassegna "Cinema e Paesaggio", il tema principale riguardava il rapporto tra uomo e piante, martedì 15 marzo, è stato il paesaggio agrario il vero protagonista della serata, considerato in relazione ad arte e cultura.
Con la modalità che lo contraddistingue, in modo lucido, conciso e coinvolgente, l’Arch. Mario Allodi, ha per così dire “lanciato” degli input su questo tema. Ha parlato anzitutto di “agricoltura come opera d’arte inconsapevole”; ha tracciato quella che, secondo lui, è la prima mappa del paesaggio, rappresentata dalla storia di Caino e Abele: Caino, homo faber, è agricoltore, è un’anima sedentaria mentre Abele, homo ludens, è un pastore, è nomade e ha più tempo per la speculazione intellettuale.
Il discorso ha poi virato sul Menhir, primo oggetto che l’uomo inserisce nel paesaggio, sia per costruirlo geometricamente e quindi per trasformarlo e per creare degli elementi di orientamento sia, come riferimento culturale, per rappresentare la divinità. L’Architetto ha quindi collegato il tema del menhir a Kandinsky, al suo libro “Punto, linea, superficie”: il menhir isolato ricorda il punto, l’allineamento dei menhir la linea, e i menhir in circolo la superficie. Come il menhir, anche l’agricoltore modifica il paesaggio inconsapevolmente. E una delle principali e forse più evidenti modificazioni del paesaggio è rappresentata dalle viti, conclude l’Architetto, filari che disegnano geometrie, percorsi che colorano il paesaggio.
E proprio le viti sono l’elemento paesaggistico ricorrente nel film “Racconto d’autunno”di Eric Rohmer : la protagonista del film è infatti una viticoltrice che, in una valle del fiume Rodano, si trova al centro di una simpatica macchinazione di due care amiche, che cercano in tutti modi di trovarle un compagno.
Il tutto si svolge tra colline sinuose e paesaggi attraversati da viti che creano geometrie inattese, il cui fascino è “disturbato” però, dalla presenza di un’ingombrante centrale nucleare. In questa cornice “Eric Rohmer mette in piedi le scene”, spiega l’arch. Allodi “e osserva il comportamento dei personaggi, proprio come se fossero dei filari”.

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