mercoledì 25 maggio 2011

IL PAESAGGIO NEGLI OCCHI E NEGLI SCATTI FOTOGRAFICI

“Tutto è già stato rappresentato”: è da questa frase, del filosofo Walter Banjamin, che è traboccata la creatività artistica di Leo Fabrizio, ospite dell’ultima serata del ciclo di incontri organizzati dal Gruppo Giovani Architetti. Laureato in comunicazione visuale e specializzatosi in fotografia, artefice di numerose mostre, ospite alla Biennale di Architettura di Venezia e autore di due pubblicazioni, Leo Fabrizio ha infatti spiegato di aver dato avvio alla sua carriera fotografica interiorizzando la famosa citazione del filosofo francese e ricercando, di conseguenza, una lettura del paesaggio che fosse personale e nuova.
Una ricerca nella quale il fotografo ha individuato l’appropriazione come elemento chiave.
L’obiettivo: cambiare il paesaggio “da cartolina” in paesaggio che gli appartenesse e in cui potesse riconosersi. Da questi presupposti nascono le due pubblicazioni del fotografo svizzero: “Bunkers” e “ Dramworld”.

Nella prima pubblicazione sono appunto i bunkers, di cui la Svizzera è ricca, i protagonisti delle immagini: queste strutture, che Leo Fabrizio descrive come elementi che appartengono alla sua vita e al paesaggio in cui fin da piccolo era immerso, sono da lui rappresentati fotograficamente secondo varie sfaccettature, mimetizzati nel paesaggio, costruiti in stile vernacolare o realizzati come vere e proprie villette con finestre finte e garage che nascondono dei cannoni.
Il contrasto tra artificiale e naturale è uno dei temi forti che emergono in queste immagini, scattate con tecniche di presa diretta.


La fascinazione e un forte spirito critico sono, invece, i concetti forti di “Dreamworld” , la più recente pubblicazione, in cui Leo Fabrizio si è riproposto di osservare le conseguenze spaziali del fenomeno di trasformazione delle città generato dalla globalizzazione, ponendo l’accento sul contrasto tra sogno e realtà.
Una delle città al centro della sua attenzione è Bangkok. Considerata da Leo Fabrizio una sorta di paesaggio artificiale, Bangkok è un collage di elementi diversi e contradditori, un concreto simbolo della sovrapposizione di stili di vita e di architettura: nella capitale thailandese si incontrano autostrade accanto a vie di comunicazioni tradizionali come i canali, centri commerciali enormi vicino a piccole case e palafitte precarie, sovrastate da pannelli pubblicitari che mostrano immagini di case unifamiliari su modello americano, attuale sogno dei cittadini tailandesi.

Questa realtà multiforme è ben rappresentata dalle immagini di Leo Fabrizio, concentrato a riprendere tutto ciò che provoca in lui fascinazione, ma anche forti domande. Come i quartieri totalmente murati fuori dalla capitale thailandese o alcuni spazi alienanti delle città.
Sogno e realtà si sovrappongono e volte si confondono negli scatti di Leo Fabrizio, come nell’ immagine che il fotografo illustra ai presenti a fine serata: una grande piscina senza nessuna presenza umana ricorda che i thailandesi, per paura di abbronzarsi e quindi di essere scambiati per contadini, non frequentano di giorno questi spazi aperti e un aereo che sorvola la piscina, spiega il fotografo, sarà forse pieno di turisti convinti di andare in un luogo, ma che, in realtà, non sanno veramente dove stanno andando e da dove stanno arrivando. L’ennesima sovrapposizione tra sogno e realtà.

venerdì 20 maggio 2011

IN DIRETTA DA COPENHAGEN

Quest’anno, la meta scelta dall’Ordine per il tradizionale viaggio-studio tra i panorami architettonici delle città più importanti del mondo, è Copenhagen.
Per affrontare al meglio il tour nella città danese, gli organizzatori del viaggio hanno pensato di proporre agli iscritti una serata di presentazione al viaggio e una guida cartacea dettagliata realizzata dall’Architetto Silvio Carta.
Grazie ad una videoconferenza, è stato lo stesso Architetto Carta a condurre, da Rotterdam –dove vive e lavora-, la serata di presentazione svoltasi all’Ordine Architetti, mercoledì 18 maggio. Questo canale di comunicazione, innovativo e pratico, ha così permesso a tutti i presenti di acquisire informazioni sulla città direttamente dall’organizzatore del viaggio. L’Architetto ha infatti illustrato le sezioni che compongono la guida della città, consegnata ad ogni componente del gruppo, introducendo anche il programma delle tre giornate.
La guida, stampata e rilegata con estrema cura, si apre con una nota introduttiva dell’Arch. Carta che spiega come, per capire al meglio la città, sia necessario tener presente due aspetti, ovvero la sua crescita architettonica improvvisa, ma votata alla sostenibilità, risalente ad una ventina di anni fa e un’attenzione particolare alla cultura del progetto “intesa come filosofia del vivere, sia esso privato della casa o pubblico dei luoghi urbani”.


La guida procede con il programma del viaggio: il primo giorno si visiterà il Danish Architecture Centre, il Royal Danish Playhouse e poi si cenarà al ristorante panoramico del teatro; il secondo giorno si realizzerà un tour verso il Tuborg Harbour, Hortens New Office Building, Saxo Bank, i Cubic Blocks di Vilhelm Lauritzen Architects e il Landscape di LAND+. Si procederà verso il quartiere Amerika Plads, il cui masterplan è stato progettato dallo studio olandese West 8 , quindi Sluseholmen, su masterplan dell’architetto Sjoerd Soeters e Arkitema, il Metropolis Hotel su progetto di Future System, il waterfront del quartiere residenziale Teglholmen. Si continuerà verso Ørestad, quartiere progettato da Daniel Liebeskind, visitando il Bikuben Kollegiet by Art, Tietgenkollegiet Lundgaard & Tranberg, IT University di Henning Larse Architects A/S, DR Concert Hall di Jean Nouvel. Il tour procederà alla volta di Ørestad sud dove si osserveranno il VM Mountain e VM Building by PLOT, l’High School e il Bella Center by 3XN, 8 Tallet. Nel pomeriggio si visiterà Malmö, in Svezia, dove ci si imbatterà nel Turning Torso, di Calatrava, nella zona portuale e nella School of Education degli svizzeri Diener & Diener. L’ultima giornata sarà libera, anche se l’Architetto, nella guida, fornisce alcune indicazioni su cosa poter visitare.

La guida continua con una sezione sull’ architettura danese, con un focus sugli architetti e sugli studi che l’hanno progettata, e con la descrizione dettagliata e illustrata delle singole opere architettoniche.
Infine, l’ultima parte della guida è dedicata a consigli pratici per i visitatori della città.
Un ottimo lavoro, quello svolto dall’Architetto Carta e dal team dell’Ordine, per presentare Copenhagen; un’ottima introduzione per un viaggio che, grazie a questi espedienti, non si esaurirà in soli tre giorni, ma di sicuro rimarrà impresso nella memoria di tutti i partecipanti per molto tempo. Non ci resta che augurare..buon viaggio!

lunedì 9 maggio 2011

PRESENTAZIONE ECOMUSEO_VILLA RECALCATI

SULLA SCIA DELLA ROUTE 66
Giovedì 5 maggio, a Villa Recalcati, è stata presentata ufficialmente e dettagliatamente la rete ecomuseale delle Provincia di Varese, ideata con l’obiettivo di connettere tra loro beni storici, naturali, paesaggistici, gastronomici che, pur non avendo parametri per entrare a far parte di un museo, esprimono la ricchezza di un determinato territorio, caratterizzandone in modo unico ed emblematico l’identità. Membro fondamentale di questa rete, l’Associazione Ecomuseo delle zone umide dei laghi prealpini, nata da un progetto che lega l’Ordine Architetti Varese, il Politecnico di Milano e Varese europea.

Giovedì mattina, ben undici relatori hanno approfondito alcuni aspetti della mission di questa rete, mostrando anche esempi di ecomusei già attivi: nel corso dell’incontro sono state affrontate numerose tematiche, si è parlato di recupero, valorizzazione, scientificità, si è trattato il tema del turismo, il concetto di sistema ed è stata più volte sottolineata l’ambizione che guida il progetto.

SISTEMA E SCIENTIFICITA'
Ad aprire la mattinata, il Dott. Giangiacomo Cavenaghi, Presidente dell’Associazione Ecomuseo dei Laghi che ha fornito una sintetica definizione del concetto di ecomuseo, “istituzione che assicura la ricerca e la valorizzazione di beni ambientali”, seguito dal Sindaco e socio fondatore dell’Associazione, Attilio Fontana, conscio della presenza di “molte gemme” nella Provincia di Varese e della necessità di doverle unire per creare sistema. Il termine “sistema” ha assunto un grande valore durante la mattinata: Arturo Bortoluzzi ha infatti spiegato come l’ecomuseo intenda collegare tra loro i beni non musealizzati attraverso percorsi, strade e itinerari per raccordare i beni, anziché disperderli. Ma per realizzare un progetto che sia serio e fondato su solide basi è necessario anzitutto uno studio corretto, scientifico e adeguato: di questo argomento ha parlato l’Arch. Angela Baila, docente del Politecnico di Milano, illustrando il metodo seguito per analizzare i beni, catalogati secondo una schedatura che comprende analisi storica, rilievi geometrici e fotografici, interpretazione dei meccanismi di degrado, progetto di conservazione e riuso. Questo lavoro è stato fatto negli ultimi undici anni, da quando cioè, come ha spiegato l’Arch. Matteo Sacchetti, consigliere dell’Ordine Architetti di Varese, Docente al Politecnico di Milano e socio fondatore dell’Associazione, è nata L’Associazione Ecomuseo: in questo arco di tempo sono stati catalogati 350 siti di interesse, individuati 6 percorsi tematici (archeologia, sistema delle ville e dei giardini storici, Liberty, Archeologia industriale, sistema delle acque e sistema dei laghi) e realizzate numerose tesi di laurea su quest’argomento.



PERCORSI E VALORIZZAZIONE
L’Architetto Paolo Albrigo, direttivo dell’Associazione, ha illustrato alcuni tra i percorsi individuati: un percorso potrebbe coincidere con la pista ciclabile del lago di Varese, uno legherebbe i laghi attraverso zone di pregio artistico e naturalistico, un altro potrebbe unire i sistemi di fortificazione della Prima Guerra Mondiale. Oltre ai beni tangibili, però, verranno inseriti nel progetto anche personaggi storici di grande importanza, tradizioni e prodotti tipici. A proposito di prodotti eno-gastronomici, è intervenuto Ivan Rovetta, dell’associazione Slow Food, sottolineando il dialogo che da tempo si è creato tra loro e la Rete degli Ecomusei, dovuto alle numerose affinità di intenti. Entrambe infatti intendono dare più valore a ciò che rende diverso e unico il territorio, entrambe sono specchio in cui rappresentarsi e attraverso il quale farsi guardare dall’osservatore esterno, si fondano sull’accoglienza e la valorizzazione dei giacimenti gastronomici e su un’attenzione particolare nei confronti della vita delle popolazioni, delle tradizioni locali, della memoria dinamica, dello sviluppo operativo.



ESEMPI DI ECOMUSEO
Ad avvalorare la tesi sull'importanza degli ecomusei, due esempi di realtà eco museali già attive: l’ecomuseo piemontese e quello del Brinzio.
L’ecomuseo piemontese, come ha spiegato l’Architetto Donatella Murtas, nasce intendendo il paesaggio quale elemento d’unione tra persone e luoghi; il progetto nasce infatti dal coinvolgimento dei cittadini, sensibilizzati sull’importanza del recupero dei saperi del passato, della valorizzazione dell’ambiente e della sua tutela attraverso un approccio locale positivo; secondo questa logica sono stati riqualificati i terrazzamenti di Cortemilia, recuperati edifici storici, rivalutate cascine e persino un essiccatoio per castagne.
L’esempio dell’Ecomuseo del Brinzio, illustrato dal Professor Ezio Vaccari e dal Sindaco di Brinzio, prende piede da un museo etnografico realizzato in sinergia col Comune del Brinzio e l’Università dell’Insubria, con l’intento di tutelare un patrimonio e fondare le basi per un impiego sostenibile del territorio. Il museo del Brinzio può essere definito ecomuseo o museo diffuso, perché luogo dinamico, aperto e localizzato in diversi spazi del paese.



AMBIZIONE


L’Ecomuseo è dunque un “modo per far riscoprire alla gente la storia del proprio territorio”, come ha spiegato Robi Ronza, durante la tavola rotonda finale, e uno strumento “per realizzare un progresso rispettoso dell’ambiente”, come ha aggiunto l’Ingegner Pastori.
Un progetto ambizioso dunque, come aggiunge l’Architetto Sacchetti, la cui fonte ispiratrice è addirittura l’americana Route 66, il museo a cielo aperto più lungo del mondo. Un progetto che, su consiglio dell’Architetto Murtas, non dovrà aver paura di osare, provocare, rischiare per salvaguardare il passato e per creare nuovi stimoli per affrontare meglio il futuro.

mercoledì 4 maggio 2011

"4+1 INCONTRI DI FOTOGRAFIA"

Non solo fotografia Più che un corso, un percorso. Più che lezioni di fotografia, serate di immersione tra gli elementi che uno scatto fotografico coinvolge, uno scatto che è scrittura di luce (fotos=luce, grafein= scrivere) e immagine istantanea, ma anche memoria e narrazione del e nel tempo.Come ha spiegato Martedì 3 maggio il Professor Pozzi, i “4 + 1 incontri di fotografia”, organizzati dall’Ordine, condurranno i presenti all’interno del “mondo labirintico della fotografia”, per dare a tutti la “possibilità di acquisire elementi per sviluppare il linguaggio delle immagini”, attraverso la storia della fotografia, alcune nozioni tecniche e qualche salto nella letteratura e nella filosofia.


Martedì 3 maggio il Professor Pozzi ha dato inizio a questo viaggio, illustrando l’evoluzione della fotografia, dai primi esperimenti di Niepce, al brevetto di L.J.M. Daguerre, da Hippolyte Bayard a Talbot, dai fratelli Alinari a Timothy O’Sullivan, E.Muybridge, Nadar, Jacob Riis, Lewis Hine, George Eastman, J.Henri Lartigue, Eugène Atget, per concludere con Henri Cartier Bresson e Robert Frank.


Nel corso della serata, il percorso lungo la storia della fotografia è diventato veramente labirintico, snodandosi attraverso molteplici ramificazioni, come i riferimenti alle questioni sollevate da Roland Barthes e alla coscienza ottica di Walter Benjamin, gli ambiti di applicazione della fotografia (fotografia documentaristica, ritrattistica, fotoreportage,pubblicità, moda,…) e alcuni aspetti tecnici tra cui il tempo di esposizione, la composizione, le aperture dell’obiettivo.
Per i partecipanti al corso si prospettano dunque serate davvero stimolanti, dense di spunti, di immagini, parole e pensieri, serate che si arricchiranno dell’apporto di ogni persona presente.
Perché ogni immagine, come ha affermato il Professor Pozzi, è un racconto ma, prima di scattare una fotografia, è necessario sapere cosa si vuole raccontare: per questo, nell’ultimo incontro, toccherà ai presenti portare le proprie fotografie e a raccontare il proprio sguardo e quindi, la propria scrittura di luce.

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