lunedì 4 luglio 2011

LA CONSERVAZIONE DEGLI EDIFICI ESISTENTI:"LE RICETTE DEL RESTAURO"

Ritorno al passato con le “ricette del restauro”. La vera innovazione è nei materiali antichi
L’Ordine degli Architetti varesino ha organizzato, nell’ambito del ricco calendario di iniziative volte alla formazione e aggiornamento degli iscritti, un pomeriggio interamente dedicato alle “Ricette del restauro”. Si è trattato di un convegno molto particolare, dato l’argomento, poiché riguarda un ambito molto delicato della professione, quello del recupero degli edifici storici, cui hanno partecipato relatori di grande esperienza.

Dopo i saluti del segretario dell’Ordine, Matteo Sacchetti, e l’introduzione di Italo Tavolaro, responsabile per l’area di Varese della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggisti di Milano e Varese, l’intervento di apertura ha visto l’architetto Angela Baila, del Politecnico di Milano, parlare delle “Regole dell’arte del buon costruire”. Un interessante excursus per ripercorrere quelli che sono gli elementi fondanti alla base di qualsiasi opera architettonica di qualità.

La professoressa Anna Anzani, Dipartimento di ingegneria strutturale, sezione di Conservazione del Politecnico di Milano, ha illustrato le fasi che precedono l’opera di restauro vera e propria, spiegando in modo dettagliato attività come la rilevazione geometrica degli edifici complessi, l’individuazione delle tipologie edilizie e la rilevazione della tessitura muraria.

Coinvolgente e appassionante, poi, l’intervento di Gilberto Quarneti, l’archeometra, come egli stesso si definisce, della Scuola d’arte muraria Calchèra. Un racconto appassionato, non una mera relazione, su di un percorso lungo millenni: dai fenici, ai romani, al Medio Evo, per comprendere come erano composti i materiali da costruzione di allora e perché ancora oggi si rivelano essere i migliori in assoluto, anche e soprattutto in caso di interventi di restauro.
Secondo la carta del restauro di Roma, che risale al lontano 1883, i materiali da restauro devono avere caratteristiche di affinità o di perfetta compatibilità con quelli originari. Pertanto, secondo Mastro Gilberto il materiale utilizzato per il restauro dovrà presentare le medesime caratteristiche di longevità. Occorre sfruttare la memoria storica, ripescare il sapere del passato sui materiali da costruire poiché l’esperienza ha dimostrato che sono gli unici a poter dare garanzie in questo senso. Un esempio tra tutti, il Pantheon, realizzato con calce, pozzolane e silice, una sorta di calcestruzzo ante litteram, attuando una tecnica costruttiva che alleggeriva i materiali da costruzione con l’innalzarsi della struttura.
Procedendo nel viaggio attraverso il tempo, l’archeometra arriva fino ai fenici. Questi formidabili navigatori, con pochi elementi naturali avevano realizzato una materia che aveva la caratteristica di diventare durissima nel tempo. Avevano capito che si poteva realizzare una malta senza alcuna traccia di calce libera, costruendo manufatti che non erano aggrediti né dall’acqua, né dalla degenerazione chimica, né tanto meno dal tempo.
«Non ci sono innovazioni - conclude Mastro Gilberto -se si vuol fare un passo in avanti nell’ambito dei materiali da costruzione, occorre guardare indietro. È già stato fatto tutto. Se si pensa che per ottenere 1 tonnellata di cemento si immette nell'aria 1 tonnellata di Co2, si comprende ancora meglio il valore del sapere antico. Prima della civiltà del cemento, erano le malte del Pantheon. Calce bagnata, pozzolana di baia, cocciopesto, pomice, sabbia silicea… erano questi i materiali da costruzione, i rivestimenti, le coperture… e i colori delle città di allora ne denunciavano la presenza con le infinite gradazioni di colori e di sfumature. Dal bianco, al rosa, al rosso intenso, al viola…».

L’intervento conclusivo è stato condotto da Paola Condoleo, anch’essa del Dipartimento di ingegneria strutturale, sezione di Conservazione del Politecnico di Milano, che ha illustrato gli interventi di restauro condotti su alcuni templi di My Son in Vietnam. Le particolarità climatiche, i materiali, le normative vigenti sono solo alcuni degli ostacoli incontrati sul percorso dalla professoressa Condoleo, senza trascurare poi gli aspetti culturali legati alla devozione religiosa e alla necessità di conoscerne tutti i dettagli per poter operare interventi adeguati. Anche in questo particolare cantiere, inoltre, è emersa l’importanza dell’utilizzo dei materiali naturali del luogo, quali per esempio una resina estratta da una varietà di piante che crescono esclusivamente in quei territori. Le sue caratteristiche di impermeabilità rendono i manufatti praticamente inattaccabili dall’umidità che a quelle latitudini raggiunge livelli molto alti.
È terminata così la prima parte di un viaggio in lungo e in largo nel tempo e nelle civiltà, che proseguirà con un secondo appuntamento dopo le vacanze estive.
Patrizia Kopsch

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