mercoledì 17 novembre 2010

LUCA MOLINARI AL MAGA

Il futuro nel nostro presente
Cornice artistica per una conferenza d'architettura, il Museo d'arte contemporanea Maga, martedì 16 novembre ha ospitato una folta schiera di architetti e interessati, accorsi in via de Magri per ascoltare il curatore del Padiglione Italia della 12a Biennale di Architettura di Venezia: Luca Molinari.
In un'ora esatta, il giovane architetto è riuscito a catturare l'attenzione dei presenti spiegando tutti i punti salienti del suo progetto, dal titolo all'allestimento, dall'idea generatrice al messaggio finale.
La conferenza si è aperta anzitutto con una delucidazione sul nome coniato dal curatore per il padiglione, "Ailati": derivato dalla lettura, al contrario, della parola "Italia", questo termine racchiude sinteticamente l'idea di dare, all’architettura contemporanea, una nuova lettura, guardandola attraverso uno sguardo originale, laterale -ai lati, appunto- per cogliere con più rigore e saggezza i riflessi dal futuro che la realtà ci manda.
Il discorso si è spostato poi sull''allestimento, studiato in simbiosi con il concetto alla base della mostra, ovvero la rappresentazione di passato, presente e futuro dell'architettura italiana.
"Per l'allestimento non è stata toccata nessuna parete", spiega Molinari, "ed è stato usato solo un materiale, il megapan, il tutto per azzerare l'impatto dell'allestimento sullo spettatore e per permettere alle persone di muoversi con facilità e di incontrarsi".
Molinari ha proseguito quindi con una chiara esposizione del suo concetto curatoriale, nato da una considerazione precisa sull'architettura italiana, che "soffre di una forte amnesia del presente, insieme ad una grande paura del futuro".


Da questa riflessione nasce la divisione del padiglione in tre sezioni.
La prima “Amnesia nel presente. Italia 1990-2010” è un bilancio sull’architettura italiana degli ultimi vent’anni realizzata per offrire una comprensione del nostro presente più attenta e consapevole, un resoconto ottenuto attraverso interviste e 450 immagini.
La sezione centrale della mostra, “Laboratorio Italia”, è dedicata al presente con opere costruite in questi ultimi anni per dare uno sguardo concreto su quello che di qualità si costruisce in Italia e sui tipi di sperimentazioni che si portano avanti. Le opere sono suddivise in 10 aree tematiche per un Paese in cerca di nuove identità e soluzioni: Progettare solidale, Abitare sotto i 1000 euro al mq, Cosa fare dei beni sequestrati alle mafie, Emergenza paesaggio, Spazi per comunità, Nuovi spazi pubblici, Ripensare città, Archetipo/prototipo, Work in progress, Innesti.
Italia 2050”, terza e ultima parte della mostra, costituisce un dialogo con Wired, l’autorevole periodico italiano dedicato alle grandi idee e alle tecnologie che cambiano il mondo: per questa sezione sono stati interpellate 14 personalità tra scienziati, pensatori, film-maker, sorte di “produttori di futuro" che hanno proposto delle parole chiave per i prossimi decenni del nostro Paese, interpretate poi visivamente da altrettanti progettisti. In quest'ultima sezione, allestita su un piano sopraelevato rispetto al piano del padiglione e collegata ad esso attraverso numerose rampe (una per ogni tema), sono emerse tematiche universali che hanno portato gli architetti a rapportarsi con elementi che coinvolgono tutta l'umanità.
"Con questo progetto", conclude Molinari, "ho voluto proporre degli spunti e dare dei segnali per riflettere sul passato, per mostrare al mondo che in Italia si fanno cose interessanti e per permettere agli architetti di riscoprire la felicità della sperimentazione. In Italia c'è bisogno di cose che ancora non ci sono ed il futuro, in fondo, si costruisce dal presente."



Per vedere la versione integrale del video, via al seguente link: http://www.youtube.com/user/Ordinevarese?feature=mhum


lunedì 15 novembre 2010

VIAGGIO STUDIO IN TOSCANA

MAREMMA
(Diario di un viaggio studio nella nuova terra dei progetti di- vini)
Il viaggio non è dei più brevi. Il tema della meta, accattivante anche se un po’ sottovalutato dai più, merita però un pò di sacrificio: vedere e toccare con mano le ultime strutture vinicole realizzate da alcune delle cosiddette “archistar” del momento nel periodo più indicato del postvendemmia.
Non è facile avventurarsi con un grosso e moderno autobus nelle strade sinuose della maremma, ma proprio per questo la ricerca prima, e la localizzazione poi, delle varie opere diventa entusiasmo e piacere. Davanti ai nostri occhi si sono via via succedute immagini di realizzazioni audaci, rispettose, l’una diversa dall’altra per forma, impegno economico e stile.
Questo breve diario di viaggio le descrive in modo forse sommario ma partecipato .
Venerdì 22 ottobre, tarda mattinata. Arriviamo in ritardo nei pressi di Bolgheri (luogo di Carducciana memoria) all’azienda Cà Marcanda di proprietà dei Gaia piemontesi e progettata dall’architetto Bò. Complesso vasto e accuratamente mimetizzato nel pieno rispetto del paesaggio toscano. Praticamente tutto interrato e coperto da prato naturale, essenze locali ed ulivi. La discreta parte emergente è proposta in sasso locale e la zona di carico e scarico è protetta da una complessa pensilina di ferro e rame. Arte e architettura si confondono in un sito pervaso da un senso di giusto equilibrio tra produttività e ambiente. (Mimetico)
Dopo gli assaggi doverosi ed i graditi saluti di Angelo Gaia, ci dirigiamo verso Suvereto, raggiungendo le Cantine di Petra(arch.Botta) in un tardo pomeriggio con luce e temperatura ideali. La struttura, enorme e maestosa, ci appare in lontananza incastrata tra terra, vigneti ed ulivi. La visitiamo accompagnati da un brillante ed entusiasta giovane enologo. Nella sua complessa struttura prefabbricata (il proprietario è il Moretti prefabbricatore e di Franciacorta) tutto si compone con semplicità ed imponenza trasmettendo forti sensazioni emotive nella galleria della barricaia. Ammiriamo il frutto di tanta tecnologia e sensibilità.(Monumentale).
Una suggestiva locanda grossetana, una riposante notte in un ottimo albergo del centro ed eccoci pronti per affrontare una nuova importante giornata di visite.
Il primo appuntamento è presso l’Azienda Colle Massari sulla Via del vino denominata Montecucco. Strade contorte, paesaggi affascinanti ed infine là in lontananza l’”oggetto” già memorizzato dalle riviste di settore. Con sorpresa ci attende sul posto il progettista architetto Milesi. La sua descrizione,il suo accompagnamento sui luoghi da lui pensati confermano le sue profonde conoscenze e la sua passione per il lavoro. Seguiamo con attenzione un percorso guidato tra razionalismo puro, materiali di prim’ordine, impianti all’avanguardia, rispetto della natura Ammiriamo un collega impegnato che ha trovato giustamente la soddisfazione di un risultato di livello internazionale favorito dalle grandi possibilità economiche del cliente, il Bertarelli di “Alinghi”: (Milesi..mata)
Affascinati da tanta passione, confortati da degustazioni e ospitalità di livello, ne approfittiamo e accettiamo l’invito di Milesi per visitare, fuori programma, un suo gioiello poco distante: Il monastero cirtencense di Scloe. In un angolo sperduto di maremma, in posizione dominante, scopriamo, estasiati, un mondo di silenzi, di riflessioni, di preghiera e di lavoro che l’abile mano dell’architetto sta coniugando con il paesaggio, l’ambiente e la storia .
La giornata di visite si conclude con l’arrivo, non senza qualche problema viabilistico, al grande complesso di Rocca di Frassinello di Renzo Piano. L’immagine, da lontano, di una rossa e moderna torre di avvistamento rivalutata a simbolo di presenza,prelude ad un forte segno architettonico nel paesaggio maremmano. Un muro (la fortezza),una piastra(la piazza d’armi) e la torre, unitamente a tanta tecnologia impiantistica e strutturale,contornano una barricaia a forma di teatro tanto fantasiosa quanto suggestiva, nel segno del vero stile "Piano”. Dall’insieme traspare una forza economica rilevante,supportata da capitali stranieri (Rothschild) e dalla volontà espressa di produrre vino di elevata qualità e prezzo.(Maestosa)
Ritorniamo a Grosseto per godere della bella serata autunnale e scoprire un borgo murato,vivo molto frequentato quasi fosse una città artificiale. Le strade,tutte pedonali,la Piazza,il Duomo,il Municipio,l’Albergo,prospicienti l’uno con l’altro,risultano concentrati e vissuti in un organismo semplice quasi disegnato dalla fantasia di un bambino.
Nell’ultimo giorno il bel tempo ci accompagna nella visita del podere “Pieve vecchia”a Campagnatico. Ci attendono il progettista ed alcuni rappresentanti dell’Ordine di Grosseto.
Dall’emozione del giovane progettista Arch. Sartori (supportato nella fase finale dei lavori dalla qualificata Cini Boeri) nel presentare la sua opera,traspare una differente realtà rispetto a quanto ammirato nei giorni precedenti. L’opera è più contenuta, il budget chiaramente inferiore, ma tutto l’intervento è comunque orientato verso la ricerca di nuove forme con funzioni e dinamiche tipiche di questa sorprendente area maremmana. (Moderata).
La conclusione, a tavola, presso "la taverna dei glicini” di Campagnatico (di proprietà del consorzio Pieve Vecchia dell’ing. Monaci) istruiti da una valente e graziosa somelier, non fa che confermare queste sensazioni anzi, le Migliora.
Arch. Adriano Veronesi

venerdì 12 novembre 2010

DUTCH PROJECTS IN ITALY-seconda parte

Protagonisti della terza serata del ciclo "Postcards from the Netherlands", gli architetti olandesi Henk Hartzema e Ronald Schleurholts nel corso della conferenza hanno descritto i loro progetti principali, ponendo particolare attenzione su quelli realizzati in Italia.
Primo a raccontare la sua esperienza, Henk Hartzema ha aperto la discussione descrivendo subito il progetto realizzato a Seregno: si tratta della piazza del mercato, per la quale l'architetto olandese ha voluto porre l'accento sul concetto di vuoto, creando uno spazio che fosse il più aperto possibile. Per raggiungere questo obiettivo, il livello della piazza è stato abbassato di 30 cm e lo spazio riorganizzato intorno ad una struttura che non ha una vera e propria funzione, se non quella di sottolineare il vuoto intorno ad essa.
L'importanza dello spazio cittadino ha sempre segnato la carriera di Hartzema che ha infatti arricchito il suo intervento affrontando tre tematiche principali. Le strade, anzitutto, considerate dall'architetto quali "vene per il corpo della città", sono per Hartzema l'elemento che organizza lo spazio della città e la nostra percezione. Dai viali rigorosi di Torino, alle vie tortuose di Toledo, sino a quelle olandesi, costruite al di sotto del livello del mare e circondate dal verde, le strade sono gli elementi che più di ogni altra cosa vanno a costituire l'identità di una città, rendendola unica e diversa dalle altre. La strada poi, secondo il relatore, racconta il rapporto dell'individuo con la società: se in Olanda le grandi finestre delle abitazioni, spesso senza tende, si affacciano direttamente sulla strada, quali segni di una società molto aperta all'esterno, senza grandi timori, in Italia il giardino o l'ingresso che separa le abitazioni dalla strada riflette un spazio di difesa da parte del cittadino.
Il discorso di Hatzema si conclude quindi con una riflessione sulla percezione dello spazio, per la quale la figura dell'architetto ricopre un ruolo fondamentale: a lui spetta il compito di modificare la realtà conferendole forme e aspetti che rispecchiano comportamenti, sensazioni e desideri della società.
La parola passa quindi a Ronald Schleurholts, socio, insieme ad altri due architetti di Cepezed, società che da trent'anni risiede a Delft. L'architetto descrive i punti chiave che guidano i progetti di Cepezed racchiusi, in sintesi, nella parola sostenibilità.
Per l'Innovation Zentrum fur Informatik di Berlino, per esempio, la società ha pensato di servirsi della fisica per diminuire la dipendenza dai servizi di fornitura elettrica, creando una struttura che, come un camino, permette all'aria fredda di scendere e all'aria calda di salire. Un elemento che caratterizza Cepezed è inoltre il rinnovo di vecchi edifici. Uno dei progetti più significativi, in tal senso, è l'Ambasciata olandese a Roma: a partire da una villa di inizio Novecento, il team di Schleurholts ha realizzato una ristrutturazione ed un ampliamento tenendo sempre conto della costruzione precendente, senza stravolgerlo radicalmente e conservando, anzi, gli elementi che potevano risultare utili. Secondo questa logica, quindi, sono stati eliminati i corridoi per avere uno spazio centrale su ogni piano, è stata spostata la scala dall'interno all'esterno per far entrare più luce ed è stato annesso un edificio che crea un rapporto di armonia-contrasto con la villa preesistente.
Rispetto per la natura, ma anche rispetto per l'architettura preesistente: questi obiettivi segnano da sempre l'attività di Cepezed, attenta a non interferire e a rispettare ciò che già esiste, che ha un valore storico, civile, umano.



per vedere la versione integrale del video, vai al seguente link: http://www.youtube.com/user/Ordinevarese?feature=mhum



venerdì 5 novembre 2010

DUTCH PROJECTS IN ITALY

Interscambio
Dopo la serata introduttiva del 26 ottobre, mercoledì 3 novembre, i relatori Matteo Bettoni, Maurice Nio e Boris Zeisser sono entrati nel cuore della tematica che percorrerà tutte le conferenze del ciclo "Postcards from the Netherlands": le opportunità di lavoro per gli architetti italiani in Olanda e i progetti degli architetti olandesi in Italia.
Esempio di giovane italiano trasferitosi momentaneamente in Olanda, Matteo Bettoni ha introdotto la serata descrivendo la sua esperienza personale e citando numerosi giovani talenti che, come lui, hanno avuto grandi opportunità in terra olandese. Il tutto, senza dimenticare i grandi nomi di architetti che hanno lasciato importanti contributi in Olanda, come Massimiliano Fuksas, Gio Ponti, Aldo Rossi, Alessandro Mendini e Renzo Piano. "Dagli anni Novanta a oggi abbiamo assistito ad un grande scambio tra Olanda e Italia", ha spiegato il giovane architetto, facendo riferimento in particolare ai nuerosi giovani italiani che hanno avuto occasione di lavorare con OMA, lo studio fondato da Rem Koolhas: tra questi, Bettoni cita Mauro Parravicini, Andrea Bertassi, Maurizio Scarciglia, Cristina Cassandra Murphy, architetti nati tra il 1975 e il 1980 -quindi giovanissimi- che, dall'esperienza con OMA, hanno saputo ricavare grandi spunti tradotti poi, in alcuni casi, nella pratica, in progetti italiani. Lo stesso Matteo, in Olanda, ha avuto modo di girare tra studi (Group A, Erc Van Egeraat e Kcap) e e ora sta seguendo un progetto in Italia per la zona di Milano Fiori.
Dalle esperienze degli italiani in Olanda, la serata vira poi verso i progetti degli olandesi nel Bel Paese: a iniziare è l'architetto Maurice Nio che illustra il grande progetto di ampliamento per il Museo Pecci a Prato, il concorso per la "Porta di Milano" a Malpensa, il progetto per la stazione di Oristano. Per ogni progetto Nio spiega l'idea generatrice, spesso tratta dal mondo naturale, i problemi incontrati durante i lavori, le tempistiche spesso troppo dilatate. Progetti che l'architetto, a priori, considerava "Missions impossible", ma che ora, come lui stesso afferma, lo hanno reso molto popolare, forse più in Italia che in Olanda.
A concludere la serata è l'architetto Zeisser che delinea un excursus della sua carriera, attraverso i progetti da lui realizzati in Svezia, in Olanda, in Thailandia e ovviamente in Italia, a Monza. Per il progetto italiano, costituito da quattro palazzi residenziali, Zeisser riversa la sua cifra stilistica, quella cioè di ricreare effetti naturali nei particolari architettonici. In questo caso, l'effetto ricreato è quello della caduta delle foglie, per il quale ha dovuto affrontare e risolvere molti ostacoli con la committenza. "Un'esperienza interessante quella di Monza", spiega Zeisser, "ma molto complicata". Il problema fondamentale, secondo l'architetto, è "riuscire a rapportarsi, su un piano culturale,con i clienti e con il team, perchè se si rimane solamente su un livello tecnico, il progetto difficilmente viene compreso". "Se si riesce a coinvolgere il cliente e a spiegargli la storia del progetto è fatta", conclude l'architetto, "se no il progetto si riduce ad essere solo un elemento formale, niente di più". Un rapporto di amore e odio, fatto di numerose problematiche, ma anche di notevoli soddisfazioni dunque, ha caratterizzato le esperienze dei due architetti olandesi in Italia, eseperienze che sollevano importanti questioni e che potranno essere di grande aiuto per chi, in fututo, si dovrà rapportare con architetti stranieri.



Per vedere la versione integrale del video della serata, vai al seguente link
http://www.youtube.com/user/Ordinevarese?feature=mhum




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