venerdì 25 giugno 2010

24 GIUGNO: EERO SAARINEN

EERO SAARINEN, UN PRAGMATISMO PIENO DI SOGNI
Il ciclo di serate dedicate al connubio cinema-architettura continua; al centro della conferenza di giovedì 24 giugno, Eero Saarinen, figura enigmatica e insieme geniale dell’architettura e del design della prima metà del Novecento.
Figlio di Eliel Saarinen, grande architetto chiamato nel 1925 a progettare il Campus Cranbrook Institute of Architetcure and Design, Eero Saarinen nasce in Finlandia nel 1919, ma presto si trasferisce negli Stati Uniti dove rimarrà sino alla sua morte, avvenuta nel 1961. Attualmente considerato tra i componenti del gruppo di architetti della seconda generazione dei modernisti, Saarinen, come spiega l’Architetto Massimo Imparato, “è stato per troppo tempo marginalizzato dalla critica internazionale sia per la sua morte prematura, avvenuta a soli cinquantun anni, sia in quanto figura sfuggente”, poco incline a seguire modelli costanti e portato a creare progetti sempre molto diversi tra loro, nei quali è difficile rintracciare un’identità forte e costante.
I video presentati dall’architetto Imparato, uno dei principali studiosi della figura di Saarinen, sono frutto di due contesti diversi: il primo nasce come video documentario complementare alla grande mostra itinerante “Shaping the future”, retrospettiva dedicata all’architetto finlandese, inaugurata a Helsinki nel 2007, spostatasi poi a Oslo, Bruxelles, Detroit, Washington, D.C., Minneapolis, St. Louis e New York, e conclusasi a New Haven, Connecticut, nel 2010. Il documentario mette in luce molti aspetti professionali, ma soprattutto il lato umano e profondamente sensibile di Eero Saarinen.
Il secondo video “The modern dream trilogy” analizza, con l’ausilio di immagini di repertorio e contributi inediti, le diverse tendenze che hanno animato la ricerca architettonica negli Stati Uniti tra la fine degli anni ‘40 e l’inizio degli anni ’70: il filmato è diviso in tre sezioni, che corrispondono agli aspetti peculiari della modernità incarnati in tre grandi architetti: “L’immaginario della modernità: Eero Saarinen”, “La sostanza della modernità: L.Mies Van Der Rohe”, e “Il quotidiano della modernità:Marcel Breuer”.
L’architettura, lo spazio, l’uomo, sono i principali argomenti su cui amava soffermarsi Saarinen e che maggiormente emergono dai filmati: “L’architettura è l’insieme di ciò che ci circonda”, affermava “è lo spazio fisico che circonda l’uomo”. E, al centro della riflessione, l’uomo, poichè, “è sull’individuo che si basa il nostro successo” e, ovviamente, l’architettura, arricchita, da Saarinen, di un valore sacrale, quasi mistico:“L’architetto deve avere un ruolo religioso: come la religione infonde speranza, così l’architetto deve consolidare nell’uomo la fiducia nella nobiltà della sua esistenza”.
Un’architettura, quella di Eero Saarinen che, come conclude Massimo Imparato, risulta essere, per la nostra contemporaneità, “una vera e propria lezione di pragmatismo pieno di sogni e di fiducia”.





Per vedere la versione integrale del video della serata, vai al seguente link:
http://www.youtube.com/user/Ordinevarese

venerdì 18 giugno 2010

"BUILDING THE GHERKIN"

Costruendo il grande Gherkin…
Tutti ormai lo chiamano “Gherkin”, “cetriolo” ed è uno dei grattacieli più alti d’Europa, una delle opere più impressionanti e anche più criticate degli ultimi dieci anni: il palazzo al 30 di St. Mary Axe, sede della Swiss Re, a Londra, è il protagonista del video proiettato giovedì 17 giugno all’Ordine Architetti di Varese per il ciclo di serate dedicate a “Cinema & Architettura”.
“Building the Gherkin”, il titolo del film, rende perfettamente il tema trattato nel video, ovvero il lungo processo di costruzione dell’imponente opera di Norman Foster, dalla sua ideazione alla completa realizzazione, con tutte i problemi e le vicissitudini che hanno accompagnato la sua edificazione.

Il film mette in luce anzitutto le feroci critiche sferrate al progetto di Foster, critiche rivolte alla forma dell’edificio, troppo allusiva e poco ortodossa, ma anche all’idea stessa di costruire un palazzo, troppo simile ad una bomba, sul precedente cantiere di costruzione della Baltic Exchange, gravemente danneggiato proprio da un attentato dell’IRA nel 1992.
A queste polemiche, si aggiunge quella sulla decisione di iniziare i lavori proprio un mese dopo l’attentato alle Torri Gemelle di New York.
Oltre alle numerose perplessità che hanno caratterizzato l’inizio dei lavori, nel documentario vengono anche evidenziati aspetti importanti, talvolta sottovalutati da chi non conosce da vicino gli step che riguardano l’edificazione di un edificio di tale portata: uno di questi è il rapporto tra gli architetti e il cliente -in questo caso la Swiss Re- giudicato, nella pellicola, come una sorta di “avvocato del diavolo”, che mette continuamente in discussione l’estetica e la forma del progetto con la sua funzionalità.
Risaltano poi, nel video, le problematiche che accompagnano l’evolversi della costruzione, il carico di stress dei responsabili del progetto, la bravura degli operai e di chi per mesi lavora senza sosta nel cantiere e, infine, l’enorme soddisfazione e l’emozione degli architetti, dei progettisti, dei committenti nel vedere realizzato un vero e proprio miracolo architettonico.

Il creatore dell'imponente grattacielo, Norman Foster, uno dei più grandi architetti della contemporaneità è, infatti, riuscito a lavorare sulla “compressione dello spazio e sulla sua dilatazione in verticale”, come ha spiegato nell’introduzione del film l’architetto Giorgio Goffi.
Grazie ad un sistema particolare di riciclo dell’aria, l’edificio consuma la metà di quello che consumerebbe un edificio della stessa grandezza.
Come afferma nel film lo stesso Foster, il grande Gherkin assume un ruolo fondamentale nella storia dell’architettura contemporanea, perché “ha preso parte al processo di rigenerazione della città di Londra”, nonostante tutte le critiche, nonostante tutto.


Per vedere la versione integrale del video, vai al seguente link:

http://www.youtube.com/user/Ordinevarese#

lunedì 14 giugno 2010

GIANCARLO DE CARLO-10 GIUGNO 2010

La responsabilità al cittadino

Tre sono stati i video proiettati nella serata dedicata al terzo incontro del ciclo “Cinema & Architettura”, tre documentari per delineare al meglio una grande figura, una personalità complessa e poliedrica, quella dell’ingegnoso architetto Giancarlo De Carlo.
I relatori della serata, Monica Mazzolani e Antonio Troisi hanno deciso di affidarsi direttamente e completamente ai video perché, come ha affermato la stessa Monica Mazzolani, “raccontare De Carlo è molto complicato” e la cosa migliore è dar voce al grande architetto, direttamente. Difatti, costante, nei documentari, è la presenza di De Carlo che parla e spiega le vicissitudini che lo hanno accompagnato nella sua ricerca architettonica, attraverso il lungo excursus della sua carriera.

E così, nel primo video, in un’ intervista al Beaubourg, De Carlo racconta le sue origini, l’infanzia trascorsa a Genova, la giovinezza a Tunisi, il suo ritorno in Italia nel 1937 e la scelta di compiere un mestiere concreto in un periodo tragico, quello della Guerra. Nel video De Carlo prosegue con il resoconto degli anni Quaranta a cui risalgono i primi contatti con l’antifascismo milanese, l’iscrizione al Politecnico di Milano, la Marina Militare e, finita la guerra, l’adesione ai gruppi anarchici di Berneri e a Zaccaria e Woodcock, Read, Richards. Seguono i racconti sugli anni Cinquanta in cui De Carlo comincia la sua attività professionale e il lungo rapporto con Carlo Bo e la città di Urbino e si inserisce nel gruppo degli "amici di Bocca di Magra" (Vittorio Sereni, Giovanni Pintori, Giulio Einaudi, Marguerite Duras, Franco Fortini, Albe Steiner, Elio Vittorini che sta scrivendo "Le città del mondo", Italo Calvino che scriverà "Le città invisibili"). Il video prosegue con una carrellata di spiegazioni dell’Architetto relative alle sue grandi opere architettoniche realizzate ad Urbino, la facoltà di scienze dell’educazione (1968-76), la facoltà di Scienze economiche (1986-89), le residenze dell’Università.

Nel secondo video, l’attenzione di De Carlo si rivolge all’enunciazione della sua visione di architettura, legata all’amore profondo per questo mestiere, che lui stesso ritiene “un mestiere come un altro, ma che debba necessariamente corrispondere alle idee, ai bisogni delle persone che la utilizzano”. Si inserisce in quest’ottica l’importanza che De Carlo affida alla partecipazione dei cittadini nel processo di creazione delle architetture civili, come rivelano i progetti per la ristrutturazione della città di Terni, per cui De Carlo decise di coinvolgere direttamente gli operai e quelli per la realizzazione di abitazioni a Mazzorbo, per le quali vennero interpellati i pescatori, ascoltando le loro esigenze e i loro bisogni. Dopo aver illustrato numerosi altri progetti tra cui l’ospedale di Mirano, la facoltà di Lettere di Catania, il lungomare del Lido di Venezia, nel video De Carlo afferma che il ruolo dell’architetto é di "creare comunicazione tra la gente” e, nel far riferimento al progetto relativo alla ristrutturazione di un quartiere di Beirut, si appella alla necessità di guardare ad un’architettura multiforme, in vista di una società sempre più multietnica.
Il terzo e ultimo video, un cortometraggio realizzato da De Carlo per la Triennale del 1954, affronta, con vena ironica e provocatoria, il tema della condizione dell’uomo nello spazio pubblico e dei problemi con cui quotidianamente si deve confrontare. Con questo video, De Carlo, volle lanciare una sorta di appello ai cittadini, invitandoli a muoversi per cambiare e migliorare la città.
Giancarlo De Carlo, guarda dunque all’architettura come ad una fatto sociale, in cui la responsabilità è certo dell’architetto, ma anche e soprattutto, del cittadino, posto al centro del dibattito architettonico. E sul dibattito architettonico De Carlo ripone grandi speranze: "l’architettura", afferma, "può creare aquiloni che siano punti di riferimento per creare immagini, idee e futuro”.
Un futuro più vivibile e a portata dei bisogni dell’uomo.

Per vedere la versione integrale del video della serata, vai al seguente link: http://www.youtube.com/user/Ordinevarese


venerdì 4 giugno 2010

"BRASILIA MINHA"

BRASILIA, IL SOGNO E LA REALTA'

Città giovanissima, immersa nella natura, ma sovraffollata e molto inquinata; capitale ricca di architetture stupefacenti, giovane, vivace e allegra, ma anche città-simbolo del fallimento di un sogno, di una vera e propria utopia, di un progetto ideale scontratosi con la realtà dei fatti:
è così che, nel corso della serata di giovedì 3 giugno, dedicata interamente alla capitale del Brasile, è stata descritta Brasilia, città dalle innumerevoli contraddizioni, ma comunque profondamente amata dai suoi abitanti e da chi conosce la sua vera identità.

Le parole dei relatori Juan Carlos Dall’Asta e Germano Rovetta, il canto e la musica di Daniela Savoldi, le immagini e i commenti del documentario “Brasilia Minha” hanno tracciato i differenti volti di una città molto recente, edificata appena cinquant’anni fa e ora in fase di grande espansione. E così, durante la serata, è emerso anzitutto il punto di vista di chi la città la vive direttamente, dei suoi abitanti, intervistati dagli autori del documentario, Erwan Massiot e Carolina Venturelli: uomini, donne e bambini orgogliosi della loro città, del fermento che la anima, della voglia di cultura e della passione per la musica che, secondo loro, la rende unica.

E sullo sfondo del documentario, la presenza costante delle grandi opere architettoniche, nate e cresciute con gli abitanti e parti integranti della loro vita.
Gli artefici delle grandi architetture furono Oscar Niemeyer, Lucio Costa, Roberto Burle Marx, protagonisti dell’edificazione di una metropoli nata letteralmente “sulla carta”, ideata con la forma di un aeroplano e pensata in modo tale che ogni elemento rispettasse un ordine preciso, una griglia perfetta.
“Prima nacque la città, poi arrivarono gli abitanti”, afferma un artista intervistato nel documentario: e fu veramente così, tanto che l’iniziale forma della città venne presto sconvolta da una crescita demografica incontrollata che portò all’edificazione di quartieri senza alcuna pianificazione, senza nessun controllo, divenuti ora grandi e affollate favelas.

“Una città cresciuta a dismisura”, come afferma l’Architetto Juan Carlos Dall’Asta. "In ogni caso", continua "Niemeyer è stato in grado di rappresentare perfettamente il suo tempo attraverso l'architettura di Brasilia”. Il progetto iniziale di Niemeyer, spiega l’architetto, era fondato sul legame tra etica ed estetica: una bellezza sociale che andasse incontro agli abitanti della città, alle loro esigenze e necessità.
Purtroppo il sogno di Niemeyer ha dovuto scontrarsi con i problemi della realtà, che hanno in parte stravolto i grandi ideali che erano alla base della fondazione della città.
"E' comunque necessario", conclude Juan Carlos Dall'Asta, "dar tempo alla nostra contemporaneità, senza basarsi solo ed esclusivamente sull'hic et nunc".
E forse, davvero, Brasilia ha solo bisogno di tempo.

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