lunedì 22 marzo 2010

CONFERENZA ANAB

"Verso una progettazione consapevole: dall’efficienza energetica alla qualità ambientale"

Lo scorso 23 febbraio, presso l'Ordine Architetti di Varese, si è svolta una conferenza organizzata in collaborazione con l'Associazione ANAB ( Associazione Nazionale Architettura Bioecologica), intitolata "Verso una progettazione consapevole: dall’efficienza energetica alla qualità ambientale". Di seguito un breve riassunto dell'Architetto Dal Cin sugli argomenti da lui trattati nel corso della serata.

Il termine bio–edilizia è la traduzione dalla lingua tedesca di “baubiologie”, termine usato per la prima volta durante una conferenza a Vienna nel 1976 dal prof. A. Schneider, fondatore dell’istituto IBN di Neubeurn. L’uso di questo termine sottintende un’iniziale attenzione per gli aspetti biologici, quindi principalmente per il rapporto tra qualità dell’abitare e salute psicofisica degli utenti. Questo è l’approccio che in origine dà il via al movimento in Germania e in altri paesi del nord Europa a metà degli anni ’70 con l’obiettivo, attraverso una progettazione consapevole, di tornare a “prendersi cura dei luoghi”.

Nella seconda metà degli anni ’80 in Italia, grazie all’impegno di alcuni professionisti sensibili alle tematiche ambientali, viene introdotto il suffisso eco, per sottolineare l’importanza dell’impatto che il settore edilizio ha sull’ambiente. Grazie a queste teorie, che si fondono con i principi della progettazione bioclimatica diffusesi dopo la prima crisi petrolifera, il tema del risparmio energetico si fa strada, ma rimane in ogni caso una “componente” di una visione olistica in cui le attenzioni per l’uomo e l’ambiente sono in posizione centrale ed equilibrata.

Con la diffusione del concetto di “sviluppo sostenibile”, il termine si arricchisce di nuovi significati nella ricerca, anche nel settore edilizio, di un equilibrio tra interessi sociali, ecologici ed economici non facile da realizzare. Oggi assistiamo ad un crescente interesse per i temi energetici ed in particolare, con l’introduzione dell’obbligo della certificazione energetica, prende forma una pratica già diffusa da diversi anni nei paesi europei più avanzati. La speranza di molti è che tale prassi possa incidere sul mercato edilizio ed innescare un processo virtuoso di generale miglioramento della qualità dei nostri edifici. Il rischio è che attraverso un approccio parziale, che mira esclusivamente ad una riduzione dei consumi in fase d’esercizio, tale sforzo si traduca in una sconfitta per chi, come la nostra associazione, ha cercato di diffondere un corretto metodo di progettazione rispettoso dell’ambiente e attento alla salute umana. Troppo spesso, attraverso un uso improprio del termine sostenibile, si cerca oggi di rendere “tollerabili” molti interventi edilizi che continuano ad essere gravemente pesanti per l’ambiente, per il territorio, per la salute e non ultimo, per l’economia di tutti i cittadini. Si assiste inoltre ad una ricerca esasperata della “prestazione energetica”, spesso adottando scelte di materiali e tecnologie discutibili, dimenticando che i principali ritorni in termini di sostenibilità di un prodotto si ottengono prima di tutto attraverso un’attenta, preparata e responsabile progettazione.

E’ necessario quindi un cambiamento di mentalità che però fatica ad essere accettato. Un approccio progettuale corretto deve essere inevitabilmente interdisciplinare per la complessità delle variabili in gioco. Se l’oggetto del nostro intervento è l’edificio non si può prescindere da un’analisi approfondita del luogo, del contesto storico, urbanistico, climatico, morfologico ecc..

Con l’incessante e rapida sovra crescita urbana degli ultimi anni e la situazione generale di degrado ambientale, sociale ed economico che stiamo vivendo, la prima domanda concreta da farsi è se sia necessario costruire o se invece non sia meglio recuperare e riqualificare quanto già esiste.

Altro tema di grande attualità, per contrastare il consumo di suolo e la perdita di terreni agricoli, è l’avvio di progetti che mirino a compattare e riempire i vuoti dei tessuti urbanizzati preferendo in generale un’edilizia compatta ad una diffusa. Il tema della mobilità sostenibile e dell’accessibilità dei luoghi dovrebbe essere centrale anche per gli architetti. E’ auspicabile uno sviluppo anche in Italia di nuove tecnologie “pulite” applicate all’edilizia per una reale ricaduta economica sull’indotto produttivo per contrastare la speculazione immobiliare che punta viceversa alla scarsa qualità del settore, mirando esclusivamente alla rendita fondiaria; non bisogna però dimenticare che spesso è solo attraverso le scelte fatte durante la fase di progettazione che è garantita anche la fattibilità economica di molte tecnologie impiantistiche innovative, che devono essere necessariamente integrate al progetto architettonico. Investire nel progetto è sicuramente la strada più difficile perché presuppone un cambiamento culturale notevole, ma è l’unica strada possibile che, insieme all’educazione a nuovi stili di vita, può garantire una vera soluzione dei problemi. E’ necessario ri-tornare a pensare ad edifici con ridottissimi fabbisogni d’energia che sappiano sfruttare al meglio le potenzialità dei luoghi e riescano a proteggersi quando invece è necessario.

Per fare questo è molto utile apprendere dall’edilizia storica, anche quella cosiddetta minore, che, per ovvi motivi, assenza di climatizzazione artificiale, era realizzata in questo modo; esposizione dei locali abitati verso sud, uso di loggiati e ballatoi, facciate molto chiuse a nord; tutte strategie ancora attuali nel progetto bioclimatico che erano allora scelte obbligate nel momento in cui l’edificio stesso, attraverso il suo involucro, svolgeva la funzione di “impianto”.

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