venerdì 3 dicembre 2010

"POSTCARDS FROM THE NETHERLANDS":GIUSEPPE SCAGLIONE, FILIP GEERTS


Nonostante la neve e i catastrofici bollettini meteo, il ciclo “Postcards from the Netherlands” all’Ordine Architetti di Varese è proseguito come da programma. Mercoledì 1 dicembre, Giuseppe Scaglione e Filip Geerts, direttamente da Trento e dall’Olanda, hanno condotto una serata dedicata ad una doppia panoramica, sulla situazione dell’architettura in Italia e sulla storia della pianificazione territoriale in Olanda.
Ad aprire la conferenza è stato Scaglione, impegnato dal 1985 in progetti che fanno riferimento alla relazione tra architettura e urbanistica. E proprio il confronto tra urbanistica e architettura ha segnato l’inizio dell’ intervento del Professore che, forse anche con tono provocatorio, ha affermato che, ultimamente, le cose più interessanti prodotte in Italia non provengono “da esegeti dell’architettura, ma da una costola dell’architettura che è l’urbanistica”. Se l’architettura è ancora molto legata alle “Beaux artes”, e quindi impegnata a studiare forma e composizione, ha spiegato Scaglione, l’urbanistica, dovendosi confrontare con temi crudeli come la trasformazione della città, è un vero e proprio work in progress.
E, a proposito di città trasformate, Scaglione ha mostrato ai presenti lo scempio delle periferie di alcune città italiane, attraverso le immagini di importanti fotografi contemporanei: le fotografie della periferia di Milano scattate da Gabriele Basilico, piuttosto che quelle di Armin Linke che immortalano Napoli, mostrano “episodi inquietanti del percorso italiano”, ad opera di architetti scriteriati che hanno lavorato senza pensare al futuro delle città, arrivando a devastare la loro identità. Di contro, Scaglione ha affermato come sia fondamentale, in un buon piano urbanistico, “tener conto di tutte le trasformazioni, individuando dei passaggi di continuità e contiguità”. La progettazione di qualsiasi elemento nella città, deve essere sensibile al contesto. In particolare, Scaglione prende in esame le infrastrutture, che troppo spesso hanno “ferito il paesaggio”, senza produrre alcun rapporto osmotico col territorio. A questo proposito, il Professore ha illustrato un progetto su cui sta lavorando, relativo alla trasformazione dell’ Autostrada A22. “Stiamo lavorando per cambiare la pelle di quest’autostrada”, spiega Scaglione e per farlo, “stiamo tenendo conto del ruolo che queste infrastrutture avranno in futuro”. Per prima cosa sono stati realizzati numerosi schemi per capire come l’autostrada si inserisce nel territorio, quindi si è pensato a progettare nuove piattaforme interattive che, oltre a tener conto di luoghi di riposo per gli autisti, hotel, ristoranti, prevedono parcheggi con a fianco mezzi pubblici, per entrare in città in modo più ecologico. Anche le barriere sono state pensate dal team di Scaglione con funzione fotovoltaica e come elementi di identificazione dell’autostrada, poiché serigrafati in modo particolare e i guard reil realizzati con un materiale naturale, il corten. Il progetto dell’Ausotrada A22 è un esempio, secondo Scaglione, di come dovrebbe essere un buon progetto, sensibile al paesaggio e al contesto e, soprattutto, comunicato in maniera adeguata, perché, come ha affermato il Professore, “è necessario far conoscere le buone esperienze, per esporsi e a volte, anche per mettersi in discussione”.
Dopo Scaglione, l’intervento di Filip Geerts si è delineato come una sorta di excursus sulla storia della pianificazione territoriale in Olanda, introdotta da una citazione tratta da “Diari di viaggio” di De Amicis (fine Ottocento) che ben riassume tutto il discorso. “Chi guarda per la prima volta una cartina dell’Olanda si meraviglia che un Paese così possa esistere: pare debba disgregarsi da un momento all’altro”. Il territorio olandese, tanto ostile alla presenza dell’uomo da far pensare che il nome Olanda possa derivare dal termine “hell”, inferno, è sempre stato, per architetti e urbanisti olandesi, un elemento da sfidare, da domare.
Per settecento anni gli olandesi hanno dovuto adattarsi e lottare contro il mare, con qualsiasi mezzo avessero a disposizione. E’ stata la particolare conformazione del territorio olandese a portare alla creazione di un altro concetto, quello di “Ramstad”, per cui la città, in Olanda, non è mai concepita come nucleo a se stante, ma è elemento integrante di un sistema di città collegate tra loro come una sorta di rete.
A livello urbanistico, esiste poi, in olandese, un vocabolo “Maakbaarhed”, che riassume il concetto di “costruire”, inteso sia come modo concreto di trasformare le idee in realtà, sia come concetto ideologico.
Nel suo excursus, Geerts si sofferma su due date storiche, il 1901 e il 1941, due momenti fondamentali per la storia della progettazione urbanistica olandese.
Nel 1901, anno in cui viene approvata la legge sul cohousing e viene realizzata la chiusura della Zuiderzee con una diga di 35 km nel mare, progettata da Plan Lely, architetti e urbanisti entrano in stretta relazione tra loro per riprogettare completamente il Paese.
E nel 1941, anno del bombardamento di Rotterdam e periodo di grandi distruzioni dovute alla guerra, l’Olanda viene obbligata a ripensare e riprogettare molte città. Tra queste, Rotterdam verrà ricostruita nel ‘44 per opera di Van Traa, e Amsterdam vedrà molti architetti, tra cui Lely, confrontarsi per trovare le soluzioni migliori.
La geografia, la conformazione territoriale e la storia dell’Olanda sono stati i fattori con cui, sempre, architetti e progettisti olandesi hanno dovuto fare i conti, arrivando a soluzioni estreme come i polder, e giungendo spesso a soluzioni che coniugano perfettamente la poiesis e la pragmaticità del piano, del “Maakbaarhed”.


Intervista a Giuseppe Scaglione


Intervista a Filip Geerts

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