"BRASILIA MINHA"
BRASILIA, IL SOGNO E LA REALTA'
Città giovanissima, immersa nella natura, ma sovraffollata e molto inquinata; capitale ricca di architetture stupefacenti, giovane, vivace e allegra, ma anche città-simbolo del fallimento di un sogno, di una vera e propria utopia, di un progetto ideale scontratosi con la realtà dei fatti:
è così che, nel corso della serata di giovedì 3 giugno, dedicata interamente alla capitale del Brasile, è stata descritta Brasilia, città dalle innumerevoli contraddizioni, ma comunque profondamente amata dai suoi abitanti e da chi conosce la sua vera identità.
Le parole dei relatori Juan Carlos Dall’Asta e Germano Rovetta, il canto e la musica di Daniela Savoldi, le immagini e i commenti del documentario “Brasilia Minha” hanno tracciato i differenti volti di una città molto recente, edificata appena cinquant’anni fa e ora in fase di grande espansione. E così, durante la serata, è emerso anzitutto il punto di vista di chi la città la vive direttamente, dei suoi abitanti, intervistati dagli autori del documentario, Erwan Massiot e Carolina Venturelli: uomini, donne e bambini orgogliosi della loro città, del fermento che la anima, della voglia di cultura e della passione per la musica che, secondo loro, la rende unica.
E sullo sfondo del documentario, la presenza costante delle grandi opere architettoniche, nate e cresciute con gli abitanti e parti integranti della loro vita.
Gli artefici delle grandi architetture furono Oscar Niemeyer, Lucio Costa, Roberto Burle Marx, protagonisti dell’edificazione di una metropoli nata letteralmente “sulla carta”, ideata con la forma di un aeroplano e pensata in modo tale che ogni elemento rispettasse un ordine preciso, una griglia perfetta.
“Prima nacque la città, poi arrivarono gli abitanti”, afferma un artista intervistato nel documentario: e fu veramente così, tanto che l’iniziale forma della città venne presto sconvolta da una crescita demografica incontrollata che portò all’edificazione di quartieri senza alcuna pianificazione, senza nessun controllo, divenuti ora grandi e affollate favelas.
“Una città cresciuta a dismisura”, come afferma l’Architetto Juan Carlos Dall’Asta. "In ogni caso", continua "Niemeyer è stato in grado di rappresentare perfettamente il suo tempo attraverso l'architettura di Brasilia”. Il progetto iniziale di Niemeyer, spiega l’architetto, era fondato sul legame tra etica ed estetica: una bellezza sociale che andasse incontro agli abitanti della città, alle loro esigenze e necessità.
è così che, nel corso della serata di giovedì 3 giugno, dedicata interamente alla capitale del Brasile, è stata descritta Brasilia, città dalle innumerevoli contraddizioni, ma comunque profondamente amata dai suoi abitanti e da chi conosce la sua vera identità.
Le parole dei relatori Juan Carlos Dall’Asta e Germano Rovetta, il canto e la musica di Daniela Savoldi, le immagini e i commenti del documentario “Brasilia Minha” hanno tracciato i differenti volti di una città molto recente, edificata appena cinquant’anni fa e ora in fase di grande espansione. E così, durante la serata, è emerso anzitutto il punto di vista di chi la città la vive direttamente, dei suoi abitanti, intervistati dagli autori del documentario, Erwan Massiot e Carolina Venturelli: uomini, donne e bambini orgogliosi della loro città, del fermento che la anima, della voglia di cultura e della passione per la musica che, secondo loro, la rende unica.
E sullo sfondo del documentario, la presenza costante delle grandi opere architettoniche, nate e cresciute con gli abitanti e parti integranti della loro vita.
Gli artefici delle grandi architetture furono Oscar Niemeyer, Lucio Costa, Roberto Burle Marx, protagonisti dell’edificazione di una metropoli nata letteralmente “sulla carta”, ideata con la forma di un aeroplano e pensata in modo tale che ogni elemento rispettasse un ordine preciso, una griglia perfetta.
“Prima nacque la città, poi arrivarono gli abitanti”, afferma un artista intervistato nel documentario: e fu veramente così, tanto che l’iniziale forma della città venne presto sconvolta da una crescita demografica incontrollata che portò all’edificazione di quartieri senza alcuna pianificazione, senza nessun controllo, divenuti ora grandi e affollate favelas.
“Una città cresciuta a dismisura”, come afferma l’Architetto Juan Carlos Dall’Asta. "In ogni caso", continua "Niemeyer è stato in grado di rappresentare perfettamente il suo tempo attraverso l'architettura di Brasilia”. Il progetto iniziale di Niemeyer, spiega l’architetto, era fondato sul legame tra etica ed estetica: una bellezza sociale che andasse incontro agli abitanti della città, alle loro esigenze e necessità.
Purtroppo il sogno di Niemeyer ha dovuto scontrarsi con i problemi della realtà, che hanno in parte stravolto i grandi ideali che erano alla base della fondazione della città.
"E' comunque necessario", conclude Juan Carlos Dall'Asta, "dar tempo alla nostra contemporaneità, senza basarsi solo ed esclusivamente sull'hic et nunc".
E forse, davvero, Brasilia ha solo bisogno di tempo.
E forse, davvero, Brasilia ha solo bisogno di tempo.
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