SULLA SCIA DELLA ROUTE 66
Giovedì 5 maggio, a Villa Recalcati, è stata presentata ufficialmente e dettagliatamente la
rete ecomuseale delle Provincia di Varese, ideata con l’obiettivo di connettere tra loro beni storici, naturali, paesaggistici, gastronomici che, pur non avendo parametri per entrare a far parte di un museo, esprimono la ricchezza di un determinato territorio, caratterizzandone in modo unico ed emblematico l’identità. Membro fondamentale di questa rete, l’
Associazione Ecomuseo delle zone umide dei laghi prealpini, nata da un progetto che lega l’Ordine Architetti Varese, il Politecnico di Milano e Varese europea.
Giovedì mattina, ben undici relatori hanno approfondito alcuni aspetti della
mission di questa rete, mostrando anche esempi di ecomusei già attivi: nel corso dell’incontro sono state affrontate numerose tematiche, si è parlato di recupero, valorizzazione, scientificità, si è trattato il tema del turismo, il concetto di sistema ed è stata più volte sottolineata l’ambizione che guida il progetto.
SISTEMA E SCIENTIFICITA'
Ad aprire la mattinata, il Dott.
Giangiacomo Cavenaghi, Presidente

dell’Associazione Ecomuseo dei Laghi che ha fornito

una sintetica definizione del concetto di ecomuseo, “istituzione che assicura la ricerca e la valorizzazione di beni ambientali”, seguito dal Sindaco e socio fondatore dell’Associazione,
Attilio Fontana, conscio della presenza di “molte gemme” nella Provincia di Varese e della necessità di doverle unire per creare sistema. Il termine
“sistema” ha assunto un grande valore durante la mattinata:
Arturo Bortoluzzi ha infatti spiegato come l’ecomuseo intenda collegare tra loro i beni non musealizzati attraverso
percorsi, strade e

itinerari per raccordare i beni, anziché disperderli. Ma per realizzare un progetto che sia serio e fondato su solide basi è necessario anzitutto uno studio corretto,
scientifico e adeguato: di questo

argomento ha parlato l’Arch.
Angela Baila, docente del Politecnico di Milano, illustrando il metodo seguito per analizzare i beni, catalogati secondo una schedatura che comprende analisi storica, rilievi geometrici e fotografici, interpretazione dei meccanismi di degrado, progetto di conservazione e riuso. Questo lavoro è stato fatto negli ultimi undici anni, da quando cioè, come ha spiegato l’Arch.
Matteo Sacchetti, consigliere dell’Ordine Architetti di Varese, Docente al Politecnico di Milano e socio fondatore dell’Associazione, è nata L’Associazione Ecomuseo: in questo arco di tempo sono stati catalogati 350 siti di interesse, individuati 6 percorsi

tematici (archeologia, sistema delle ville e dei giardini storici, Liberty, Archeologia industriale, sistema delle acque e sistema dei laghi) e realizzate numerose tesi di laurea su quest’argomento.
PERCORSI E VALORIZZAZIONE
L’Architetto
Paolo Albrigo, direttivo dell’Associazione, ha illustrato
alcuni tra i percorsi individuati: un percorso potrebbe coincidere con la pista c

iclabile del lago di Varese, uno legherebbe i laghi attraverso zone di pregio artistico e naturalistico, un altro potrebbe unire i sistemi di fortificazione della Prima Guerra Mondiale. Oltre ai beni tangibili, però, verranno inseriti nel progetto anche personaggi storici di grande importanza, tradizioni e prodotti tipici. A proposito di prodotti eno-gastronomici, è intervenuto
Ivan Rovetta, dell’associazione
Slow Food, sottolineando il dialogo che da tempo si è creato tra loro e la Rete degli Ecomusei, dovuto alle numerose affinità di intenti.

Entrambe infatti intendono dare più valore a ciò che rende diverso e unico il territorio, entrambe sono specchio in cui rappresentarsi e attraverso il quale farsi guardare dall’osservatore esterno, si fondano sull’accoglienza e la
valorizzazione dei giacimenti gastronomici e su un’attenzione particolare nei confronti della vita delle popolazioni, delle tradizioni locali, della memoria dinamica, dello sviluppo operativo.
ESEMPI DI ECOMUSEO

Ad avvalorare la tesi sull'importanza degli ecomusei, due
esempi di realtà eco museali già attive: l’ecomuseo piemontese e quello del Brinzio.
L’ecomuseo piemontese, come ha spiegato l’Architetto
Donatella Murtas, nasce intendendo il paesaggio quale elemento d’unione tra persone e luoghi; il progetto nasce infatti dal coinvolgimento dei cittadini, sensibilizzati sull’import

anza del recupero dei saperi del passato, della
valorizzazione dell’ambiente e della sua
tutela attraverso un approccio locale positivo; secondo questa logica sono stati riqualificati i terrazzamenti di Cortemilia, recuperati edifici storici, rivalutate cascine e persino un essiccatoio per castagne.
L’esempio dell’Ecomuseo del Brinzio, illustrato dal Professor
Ezio Vaccari e dal
Sindaco di Brinzio, prende piede da un museo etnografico realizzato in sinergia col Comune del Brinzio e l’Università

dell’Insubria, con l’intento di tutelare un patrimonio e fondare le basi per un impiego sostenibile del territorio. Il museo del Brinzio può essere definito ecomuseo o museo diffuso, perché luogo dinamico, aperto e localizzato in diversi spazi del paese.
AMBIZIONE

L’Ecomuseo è dunque un “modo per far riscoprire alla gente la storia del proprio territorio”, come ha spiegato
Robi Ronza, durante la tavola rotonda finale, e uno strumento “per realizzare un progresso rispettoso dell’ambiente”, come ha aggiunto
l’Ingegner Pastori.
Un progetto ambizioso dunque, come aggiunge l’Architetto Sacchetti, la cui fonte ispiratrice è addirittura l’americana
Route 66, il museo a cielo aperto più lungo del mondo. Un progetto che, su consiglio dell’Architetto Murtas, non dovrà aver paura di osare, provocare, rischiare per salvaguardare il passato e per creare nuovi stimoli per affrontare meglio il futuro.