Con il termine Supermodernism ci si riferisce a quella tendenza architettonica sviluppatasi negli anni Novanta e che ha visto come suo epicentro gli architetti olandesi. Come ben spiega Hans Ibelings nel libro che, in qualche modo, ha dato il nome a questo periodo, il fenomeno va ben oltre i Paesi Bassi, con la chiamata in causa di architetti quali Herzog & DeMeuron con il Train Control Centre a Basilea, Peter Zumthor ed il progetto per la Kunsthaus Bregenz, Austria - 1991-1996 o Toyo Ito - edificio ITM a Matsuyama, Giappone del 1993. Secondo la proposta critica di Ibelings il Supermodernism può essere identificato come una deriva sintattica del Postmodern in cui l'architetto viene liberato dal peso e dalla responsabilità di proporre un' architettura carica di significato. L'architettura in questa sua accezione non ha più bisogno di dimostrare qualcosa o di dover esprimere difficili concetti. In questo senso le architetture entrano in una dimensione più libera e spensierata del tutto scevre da responsabilità culturali o teoriche. Seguendo il punto di vista del critico olandese, il Postmodern lascerebbe il posto ad un revival del modern che tuttavia non possiede la carica innovatrice (e teorica) degli anni 30. Così, agli studi sul funzionalismo in architettura, ai Congrès Internationaux d' Architecture Moderne vengono sostituite architetture innovative e il cui fine principale sembra essere quello di stupire e meravigliare. In effetti architetti come Rem Koolhaas, Wiel Arets, Ben van Berkel (UN Studio), MVRDV, Erick van Egeraat, Mecanoo, Neutelings-Riedijk, NOX, Kas Oosterhuis, Claus en Kaan, West 8 hanno dimostrato durante gli anni Novanta un approccio nei confronti della realtà di tipo pragmatico e sperimentale.
Architetture sorprendenti, provocatorie ed incoscienti nate in seno ad un processo di ricostruzione sociale ed economico avvenuto in Olanda a seguito della caduta del muro di Berlino. La gestione diretta dello sviluppo edilizio e urbano olandese da parte esclusiva delle amministrazioni pubbliche si è infatti dimostrata insostenibile con l'apertura delle frontiere e l'instaurazione di una libera concorrenza fra nazioni all'interno della Comunità Europea. In questa fase di transizione, come spiega Bart Lootsma nel suo libro Superdutch, l'imprenditoria privata ha avuto la meglio sul settore pubblico ed è stata capace di dirigerele sue richieste verso una architettura fantastica e mai pensata in precedenza. Tutto ciò ha cambiato in parte il gusto estetico popolare con la costruzione di città ex-novo (Almere, Ijburg, Lelystad) e stravolgendo il rapporto urbano di esistente-nuovo; lasciando al futuro considerazioni ed analisi ex-post.
Il fenomeno della seconda modernità in Olanda può essere rappresentato attraverso la lettura di due approcci progettuali principali. Li chiameremo per comodità uno in positivo ed uno in negativo.
Il primo è ben dimostrato dall' opera di Mecanoo. L'ufficio fu fondato a Delft nel 1984 da Erick van Egeraat, Chris de Weijer, Henk Doll e Francine Houben. A seguito di divergenze professionali unitamente ad un cospicuo numero di incarichi disponibli, i quattro si separarono aprendo ognuno il proprio ufficio. Erick van Egeraat fonda EEA Associated Architects nel 1995. Chris de Weijer fonda assieme ad altri DP6 architectuurstudio, Henk Doll fonda doll-atelier voor bouwkunst e Francine Houben resta sotto il nome di Mecanoo. Tralasciando gli esordi di chiara impronta post-modern, lo studio Mecanoo si è sempre distinto per una attenta ricerca sui materiali e sull'importanza dell'oggetto in sè. In gran parte dei progetti è apprezzabile l'importanza della forma complessiva dell'edificio (o degli elementi del landscape) a cui viene delegata gran parte della riuscita del progetto. L'impatto visivo primo, quello a
first glimpse, è ritenuto fondamentale. In seconda istanza vengono le superfici di cui è composto l'oggetto principale. Trattate come pelli, come schermi o elementi semi-trasparenti, i rivestimenti sono materiali sottoposti a lunghi ed accurati studi. Terza caratteristica è una sorta di eclettismo moderato (o incosciente) dovuto principalmente alla gestione interna dell'ufficio di Delft. Guidato da "
una mano femminile", come è stato detto, e diretto da diversi partners con diversi background e differenti capacità. Una architettura di "aggiunta", di intuito piuttosto che rigidamente controllata da regole teoriche. Aggiunte compositive continue ed insospettabili rispetto ad un paradigma mai stato chiaro si pongono a scapito della chiarezza ma lasciano sicuramente ampio margine a creatività e sorpresa.
L'approccio progettuale
in negativo è invece di Felix Claus e Kees Kaan. Fondano il loro ufficio ai margini del periodo di cambiamento olandese, nel 1988. Le attività dello studio C&K, diviso fra Amsterdam e Rotterdam, si dividono tra architettura, interior design, restauro (nella concezione olandese), piani urbanistici fra progetti nazionali ed internazionali. Uno studio
a tutto tondo si direbbe. Una definizione del loro modo di lavorare può essere ritrovata nella spiegazione a margine della loro philosophy nelle loro pubblicazioni ufficiali: "
fine buildings are the result of a continuous design process throughout the execution of the project, in which client and architect work together in achieving best value and architectural quality". Lo studio di C&K si concentra su un proficuo rapporto tra esigenze del cliente e budget per il progetto. Hanno in più occasioni dimostrato di saper bene come rendere produttivo questo rapporto e, allo stesso tempo, ottenere una architettura degna di attenzione. Il progetto di C&K si riconosce facilmente tra quelli degli altri olandesi per la costante ricerca di una asciugatura dei segni. Tutto ciò che è superfluo alla composizione e alla funzionalità dell'edificio viene eliminato lasciando un risultato con caratteri secchi ed apprezzabili. L'edificio che ospita la sede di Amsterdam, ad esempio, è formato da sei parallelepipedi sovrapposti. Due lati ciechi e due finestrati. Il lato lungo in affaccio su strada è diviso in cinque parti uguali, ognuna delle quali ha una grande apertura rettangolare nel centro che consente una suggestiva vista sul IJ. In un solo elemento architettonico (il pannello di facciata) viene concentrata l'apertura, la chiusura verticale, parte degli impianti, la partizione ed elemento ritmico di facciata e ad esso viene affidato il compito di conferire un carattere all'edificio. Carattere in chiara posizione di coerenza con tutta l'opera di C&K. Un segno asciutto e funzionale ottenuto mediante sottrazione di elementi superflui o gratuiti alla ricerca di una sintesi ottimale tra architettura e necessità del cliente.
Silvio Carta